venerdì 8 luglio 2011

Articolo: La domus ecclesiae di Davide Malaguarnera

Aspettando N° 68 - Giugno 2011


La Domus Ecclesiae 
Prima dell’era costantiniana, non esistono prove archeologiche che attestino l’esistenza di un’architettura cristiana. I primi cristiani, si incontravano per pregare e spezzare il pane, in case private, messe a disposizione per la comunità. Si trattava di spazi piccoli e modesti, che avevano come scopo, l’aggregazione dei fedeli per la celebrazione della Parola di Dio. In questo clima così raccolto e intimo si stabilivano relazioni di fraternità e di sororità, che in seguito consentiranno la diffusione dell’evangelo.  
L’apostolo Paolo e l’evangelista Luca menzionano sovente, queste realtà domestiche. Infatti, i primi cristiani a Roma si riunivano nella casa di Aquila e Priscilla (Rom. 16,5), come la comunità di Colosse si incontrava nella casa di Filemone (Filem. 1,2), ed anche la casa di Maria madre di Giovanni, divenne un luogo di preghiera e di condivisione (At. 12,12).
Un esempio di domus ecclesiae, è stato scoperto nel 1920, in Siria, vicino al fiume Eufrate, nell’attuale città di Qal'at Sem'an (antica Dura Europos). Le scoperte archeologiche, hanno dimostrato, che in questa città, crocevia di popoli e di religioni, esisteva, una domus ecclesiae (vedi foto).


Secondo gli archeologi, questa chiesa domestica faceva parte di una casa, che si affacciava su una strada lastricata. Si tratta di una struttura su due piani. Il primo piano serviva per la comunità, il secondo piano era probabilmente l’abitazione del proprietario. Questa foto è stata ricostruita dagli archeologi, per comprendere meglio la funzione delle sale interne. La stanza più grande serviva alla comunità, per incontrarsi attorno alla Parola di Dio. La sala piccola, veniva utilizzata per condividere insieme le agapi. L’ambiente più piccolo, era un battistero per il battesimo dei catecumeni. Quest’ultimo ambiente era l’unico ad essere decorato, con raffigurazioni di personaggi e scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Questo indica come la sala più piccola, allestita per l’iniziazione fosse l’ambiente più importante di tutta la struttura.
Per mezzo della politica di Costantino, il cristianesimo divenne una religio licita e con l’editto di Milano, nel 313, il cristianesimo si impose come religione dell’impero. Questa nuova dimensione politica/religiosa, portò un cambiamento radicale dei luoghi di culto. Infatti, si passò dalla domus ecclesiae alle basiliche.
Con la costruzione di grandi basiliche, che riprendono usi e spazi della Roma imperiale, anche la celebrazione del culto venne modificata. Si passò da una struttura molto piccola, intima e familiare ad una struttura molto grande, sacra e spesso “fredda”.
I primi cristiani vivevano la quotidianità come luogo, in cui tessere la propria vita spirituale. Un luogo familiare, affinché la Parola di Dio, potesse vivere all’interno della propria famiglia, e non solamente nel luogo di culto. Un ambiente siffatto permetteva a tutti i componenti che vi partecipavano di esprimersi, condividere e relazionarsi secondo la propria personalità ed esperienza, non seguendo esclusivamente e freddamente regole e norme ecclesiali.
Questo clima di serenità e di spontaneità, conduce anche oggi il credente ad aprire il proprio cuore all’azione dello Spirito di Dio, che trasforma il suo pensare, il suo agire e la sua coscienza. La bella abitudine di aprire le porte di casa ai fratelli, alle sorelle, agli amici e familiari ricorda le riunioni dei primi cristiani. Vivere la casa “insieme” permette una trasformazione costante della mente che rende il cristiano “un sacrifico vivente” e “sacro” per l’Eterno.
Questo implica che non è l’edificio ad essere “sacro” nel suo insieme come si pensa spesso del luogo di culto, ma è la persona ad essere “sacra” e rendere “sacro” l’ambiente in cui adora e loda il Dio vivente. La chiesa è tale quando riesce a creare attorno ad essa, un ambiente familiare, e non distaccato dalla quotidianità. Un luogo in cui, primeggia la vita comunitaria, per vivere insieme una porzione di eternità. In questo senso il significato più profondo di “sentirsi a casa” è il mio augurio per tutte le comunità.

Davide Malaguarnera

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